Cari amici/volontari, vorrei condividere questa riflessione che parte da una frase alla quale tengo molto e che ho sempre desiderato accompagnasse me, la mia famiglia e tutti voi nell’avventura della Fondazione che Dio ci ha assegnato. La frase è questa:
“Quando la sofferenza bussa alla porta di casa, ci accorgiamo che ci è stata data la possibilità di vedere in un modo nuovo. È solo l’inizio però di un dramma dove ci si mette in gioco con la decisione di cambiare noi stessi e di trasformare il mondo”.
La sfida della fede: primo annuncio.
Dopo la morte di Rosangela, quando con Angela abbiamo letto per la prima volta queste parole, ci siamo sentiti subito coinvolti, si quelle parole ci toccavano da vicino, calzavano a pennello per noi. Ci siamo sentiti chiamati dopo una sofferenza alla possibilità di vivere e vedere ciò che ci accade intorno in un modo nuovo e diverso.
“Solo un grande dolore ci può far scendere nelle profondità di noi stessi”
Non penso che Dio pretenda da noi la trasformazione del mondo, sono convinto però che ciascuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo per migliorarlo, è un gesto di riconoscenza dovuto a Chi ci ha creati.
La costruzione della città di Dio inizia già qui sulla terra, inizia in ognuno di noi per propagarsi e concretizzarsi in gesti d’amore, condivisione e carità.
“Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’Oceano, ma se non lo facessimo l’Oceano avrebbe una goccia in meno”.
Queste parole di Madre Teresa di Calcutta sintetizzano il mio pensiero.
Dopo questa premessa, vorrei fare un passo indietro e ricordare a me stesso anzitutto ma anche a tutti voi, amici/volontari, che Fondazione Rosangela D’Ambrosio è una organizzazione senza fini di lucro. Nessuno ci guadagna, anzi, ci mettiamo del nostro per farla andare avanti.
La Fondazione è nata per volontà mia, di Angela poichè suggerita dalla nostra Rosy e con il contributo di tutta la famiglia, dei parenti e di tutti gli amici, che fin da subito hanno creduto in noi.
La sofferenza non scende a patti con nessuno.
La Fondazione però non può vivere e crescere senza il vostro aiuto.
La prima promotrice della Fondazione è stata proprio Rosangela quando era ancora visibilmente tra noi. Infatti qualche mese prima di partire per l’Infinito desiderava recarsi in India per rendersi conto lei stessa delle condizioni dei bambini poveri. Un pensiero nobile e pieno di valori umani per una ragazza di soli ventitrè anni. Chiediamoci però cosa avrebbe potuto fare da sola una ragazza di quell’età? Come genitore, mi sento di dire poco o nulla! Forse nemmeno nessuno di noi, se preso singolarmente potrebbe far nulla, ma tutti insieme sì, attraverso la Fondazione possiamo.
Ecco che Dio per far muovere le acque, la chiamò a sè prima che lei potesse andare in India così da realizzare non solo il suo sogno ma un progetto ben più ampio ed articolato.
Noi, tutti quanti insieme, guidati da Rosangela, stiamo infatti realizzando questi progetti.
Con la Fondazione siamo arrivati proprio dove avrebbe voluto recarsi Rosangela, con lo sforzo di tutti abbiamo realizzato una casa famiglia (orfanotrofio) che porta il suo nome.
Si, Rosy lo meritava!
Forse avremmo potuto fermarci qui, in fondo Rosangela sarebbe già stata ricordata per i suoi valori: un bel traguardo, che ne dite?
Penso però che Dio abbia chiamato a sè Rosangela non per un singolo progetto ma per provare a costruire un disegno più ampio e che abbracciasse diverse realtà nelle quali regna il disagio sociale. Questo significa che dobbiamo andare avanti, vuol dire che dobbiamo organizzarci per far si che quel disegno prenda forma e si concretizzi. Che senso avrebbe avuto tutto questo se il tutto fosse limitato alla realizzazione di un singolo progetto? Che senso avrebbe avuto se noi, tutti insieme non cambiassimo e per sempre? No, non ci sarebbe stata ragione!
“È la voce che nasce da un dolore umano, che non resta senza ascolto, come condizione per la ricerca di se stessi”
La Fondazione non ha padrone, non è di proprietà di qualcuno, non è nè mia nè di Angela, è di tutte quelle persone che come voi si rivedono e sposano il pensiero di Rosangela, è patrimonio di tutti quelli che si uniscono a noi in questo cammino.
Fare del bene alla Fondazione vuol dire fare del bene a se stessi
Per meglio farvi comprendere il mio pensiero, permettetemi questa similitudine. Pensate di dover sottoscrivere azioni di una società quotata in borsa, se le azioni si valorizzassero, crescerebbero di prezzo, cosichè tutti i possessori ci guadagnerebberro.
Nel nostro caso però non stiamo parlando di finanza ma di doni di Dio.
Comperare una penna per sostenere la Fondazione vuol dire comperare una penna per se stessi e scrivere amore per gli altri.
Lavare le pentole o pulire la sala dell’oratorio dopo un evento della Fondazione, vuol dire lavare le pentole e pulire il pavimento di casa propria.
Fare una torta per la Fondazione vuol dire gustarla già al momento in cui la si prepara.
Chi già la realizza, sà che l’amore che ci mette dentro, quando verrà mangiata, certamente si diffonderà. Tutto quello che facciamo per la Fondazione rimane patrimonio nostro, sia umano che spirituale.
Se allarghiamo le nostre vedute in questo senso vuol dire che ci stiamo muovendo ed agiamo con il cuore. È vero, la Fondazione ha un presidente e dei consiglieri, io stesso faccio parte del consiglio di amministrazione, ma non si può immaginare che una nave per navigare bene e raggiungere la meta possa prescindere dal proprio capitano. Vi posso assicurare, poichè ne sono testimone quotidiano che quando i marinai della nave dormono (io sdraiato su un divano), il capitano è ancora lì nella sua cabina a ricercare le rotte giuste e sicure per il bene della nave.
I banchetti che a breve faremo sono i fiori all’occhiello della nostra Fondazione, in quelle acque la nostra nave deve perciò dare il massimo, ognuno di noi dovrebbe dare il massimo perchè è li che sventola la bandiera di Rosangela (gli striscioni con il suo volto ne sono testimonianza concreta e visibile a tutti). È vero, lasceremo la nostra casa un pò meno pulita, lasceremo per alcune ore i nostri famigliari ad aspettarci oppure essi stessi saranno con noi in strada a prendere freddo e acqua. Sembrerà di buttare via del tempo, ma vi posso assicurare che una volta ritornati alle nostre case con mani e piedi freddi, con le spalle ghiacciate ed una volta nel letto i nostri cuori brilleranno e palpiteranno di gioia nei ricordi della giornata e di quanto vissuto davanti alle chiese, negli ospedali o nelle aziende. In quel momento capiremo che oltre al bene che avremo fatto agli altri, avremo fatto del bene a noi stessi, perchè abbiamo mosso qualcosa in noi.
Ricordate quella “goccia di quell’Oceano” di cui parlava la Beata Madre Teresa.
Desidero infine salutarvi con un messaggio sempre di Madre Teresa che ho tanto a cuore.
Quando sto male perchè penso che Dio mi stia facendo lavorare troppo per la Fondazione, quando penso che ho dato un dito e Lui si stia prendendo tutto il braccio e chissà dove arriverà, quando sono afflitto perchè non ce la faccio più e vorrei mollare tutto, penso sempre a questo episodio: mentre Madre Teresa con una mano alza la testa di un povero mendicante soccorso in mezzo alla strada e con l’altra cerca di farlo bere da una ciotola piena d’acqua, il povero con un soffio di voce le dice :
“Grazie, un buon Padrone non si dimentica mai di chi ha lavorato per Lui”.
Vi abbraccio tutti e buon lavoro,
Gino